
Quale strategia ha portato la Ferrero al flop sul mercato di questo prodotto?

Immagine pubblicitaria del Gran Soleil tratta dal sito https://www.ferrero.it/
Prendi un matrimonio. Una caldissima mattina di luglio e l’ultima portata di un pranzo nuziale.
Metti che quest’ultima sia gastronomica-mente impegnativa mentre il pasto sta volgendo al termine.
Ore 15:55. Sembra non esserci rimedio contro l’appesantimento e l’autocombustione. Parlo di quella sensazione che ti attrae verso il centro della terra. “Perché ho mangiato così tanto” è il mood comune di tutti gli invitati accompagnato da commenti sul caldo torrido.
Ma ecco che ad un tratto, come in un sogno, i camerieri accompagnati da una effervescente banda musicale inneggiano alla soluzione: un antidoto fresco e dissetante, introdotto da un jingle ipnotico che non puoi mai dimenticare.
“Alla fine di un buon pasto, pesce pasta con il pesto, c’è rimasto solo un posto ma quel posto è prenotato da un dessert che va agitato e di seguito nel freezer congelato… Gran Soleil, il nettare degli Dei! Gran Soleil, il nettare degli Dei! Il suo gusto è di limone, tra milioni di limoni, abbiamo scelto i siciliani di natura profumati che rinfrescano i palati alla fine vi sentite sollevati. Gran Soleil, il nettare degli Dei!”
Immaginati al posto degli invitati: Non puoi non provarlo. Il desiderio o meglio la necessità di rinfrescarti è troppo grande.

Dallo spot televisivo del Gran Soleil dell’estate 2006
Te lo mettono davanti agli occhi. Non devi neanche scartare il packaging. Devi solo infilare il cucchiaio e portarlo alla bocca.
Ah.. finalmente! Fresco, leggerezza e un dissetante sapore di limone. Le tue papille gustative trasmettono ora questa sensazione a tutto il corpo. La digestione può avere inizio e la sete passa.
Era il 2006 ed ecco come si svolgeva uno dei più famosi spot della televisione italiana. Insomma, un prodotto che si presentava come un vero e proprio orgasmo per il corpo e per la mente. Le successive campagne pubblicitarie avranno poi come testimonial importanti star della televisione italiana come Antonella Clerici e Enrico Montesano, come mostra l’immagine che segue.

Dallo Spot televisivo del Gran Soleil dell’Ottobre 2009. Tra i testimonial troviamo Antonella Clerici e Enrico Montesano.
Un successo, così doveva andare, in teoria. Ma purtroppo per Ferrero e per l’agenzia pubblicitaria Italian Brand Group non è andata proprio così.
Questo dolce innovativo, lanciato sul mercato nell’estate del 2006, è stato ritirato dagli scaffali alla fine del 2014, dopo sei anni di test, pubblicità massiccia, considerata anche ingannevole in alcune circostanze.
Poteva essere un’altra Nutella, un Kinder Gran Sorpresa a cui nessun bambino può rinunciare per Pasqua. Uno di quei prodotti capaci di fare breccia nella mente e nel cuore delle persone da oltre 50 anni.
Insomma un cugino del Kinder Sorpresa, dell’Estathe, del Duplo e così via.
Kinder assieme a Nutella e Ferrero Rocher sono tra i primi 10 top brand mondiali secondo il Brand Finance Italy 50 2017 report redatto dalla società leader nella consulenza strategica. Ma perché il Gran Soleil oggi non si trova nell’Olimpo dei Brand, affianco a Gucci, Ferrari, Enel, Tim?
Il primo grande problema del Gran Soleil: il placement del prodotto.
Il banco frigo sembrerebbe il naturale posto dove cercare questo nuovo semifreddo. Ma nel caso del Gran Soleil non è stato così. Infatti l’innovazione rispetto ai competitor stava proprio nella caratteristica di non deperimento del prodotto. Questo permetteva almeno sulla carta ulteriori margini di guadagno alla Ferrero.
L’azienda ha dunque deciso di posizionarlo tra chewingum, cioccolatini, pile e lamette, in quella zona che viene destinata agli acquisti d’impulso. Non a caso la zona del supermercato vicino alle casse, dove sono posizionati la maggior parte di prodotti Ferrero.
Doveva essere a tutti gli effetti il prodotto che “te l’avrebbe svoltata”. Salvando il consumatore in extremis, dalla brutta figura di presentarsi a mani vuote ad una cena tra amici, o comunque una cena importante.
Ma non la cena a cui eri stato invitato stasera perché, ahimè, il prodotto sarebbe stato pronto solo dopo essere stato agitato e dopo una notte in freezer.
A parte il placement, il lancio del prodotto proseguiva alla grande, anche a detta degli esperti. Strategie di marketing mix elaborate e persistenti, numerosi focus group e test di gradimento sui consumatori. Nonostante ciò:
il Gran Soleil non ha mai registrato buoni volumi di vendita in tutta la storia sul mercato
Ma a parte il naming, il packaging elegante, l’immagine aziendale impeccabile, la strategia cross mediatica, le 4 p e le scelte di marketing, che cosa c’era dentro il Gran Soleil?
Che tipo di prodotto era Gran Soleil?
Agli occhi del cliente il prodotto si presentava come uno snack che non poteva essere mangiato subito.
Un liquido dolce dalle proprietà digestive. Un sorbetto ottenuto prima dai migliori limoni siciliani, poi anche dai mandarini, poi dai migliori chicchi di caffè, poi dalla vaniglia del Magadascar e per finire anche dal frutto della passione.

Tratto dallo spot televisivo Gran Soleil di Aprile 2008
Una “chimicata“, per usare lo slang. Come uno starlight, se spezzato dava vita a qualcosa di nuovo, questo si trasformava in gelato fresco e cremoso. Ricordiamoci sempre non ora, ma il giorno dopo.
Insomma un intruglio di cui il consumatore non conosce esattamente il contenuto, ma questo spesso non è un problema, anzi.
Del resto sono tanti gli snack o le bibite gassate di largo consumo considerati brand solidissimi. Come non citare Coca Cola, Redbull, Monster. In tutti questi prodotti la formula chimica è quasi avvolta nel mistero, ma in regola per stare sul mercato. Molto probabilmente la ricetta di questi prodotti è conservata in una cassaforte segreta. Quindi l’etichetta può non essere un problema.
Quando è stato lanciato sul mercato questo sorbetto istantaneo?
Durante la sua vita il prodotto è incappato nel 2008: l’anno della grande recessione. Per chi è nato nella seconda metà del ‘900, ma non solo, il 2008 è paragonabile al 1929 americano, ovvero all’anno della crisi per antonomasia. La grande depressione.
Una crisi economica mondiale partita negli Stati Uniti nel 2007 con una crisi del mercato immobiliare, che si è pian piano trascinata a tutta l’economia americana contagiando di riflesso i mercati mondiali. Questa situazione ha generato un aumento dei prezzi delle materie prime, come il petrolio, una crisi alimentare, un pericolo di recessione mondiale, intaccando il mercato creditizio e delle banche.
Cosa centra la crisi mondiale con il fallimento di questo prodotto?
Tutto questo ha implicato un crollo e un forte sentimento di sfiducia negli investimenti finanziari in borsa e di conseguenza nei consumatori.
Ora, tutto questo amplificato abbondantemente dai media ha generato un forte senso di sfiducia nelle persone, specialmente sui giovani. Si sa in un contesto del genere c’è rabbia, malcontento nella società.
Quando tutto va male, non c’è lavoro, le persone non sono allegre e non voglio essere prese in giro.
La stessa Ferrero ha sostenuto l’ipotesi di un ritorno di produzione non appena il contesto economico si fosse sistemato.

Il famoso maggiordomo protagonista di diversi spot del Gran Soleil. Immagine tratta dallo spot Ferrero dell’Aprile 2008
Quel senso di ottimismo, quel linguaggio, quella sentimento di finzione che ha caratterizzato il mondo della vecchia televisione iniziava a sgretolarsi con il diffondersi dei social network.
Fare marketing alla vecchia maniera iniziava a mostrare i suoi limiti, ottenendo risultati completamente diversi da quelli emersi nelle numerose indagini di mercato svolte dal brand prima di lanciare il prodotto.
In effetti aspetti come: naming, commercial, packaging, pricing, segmentazione del mercato, buyer personas, tentativi di correzione del posizionamento, ci comunicano molto sul prodotto e sugli esperti che hanno lavorato al lancio sul mercato.
Come può la Ferrero aver preso una cantonata del genere?
Non stiamo parlando di improvvisazione aziendale, ma di un brand con solide basi.

La prima pasticceria Ferrero del 1942. Fonte dell’immagine: http://www.museodelmarchioitaliano.it
Ferrero nasce nel 1942 ad Alba come piccolo laboratorio di pasticceria per volere di Pietro Ferrero, il fondatore.
Nel 1946 apre la prima fabbrica. Il primo prodotto lanciato è “Giandujot“, un cioccolatino cremoso alla nocciola, pubblicizzato da una allegra maschera sorridente che prendeva il nome di Gianduja, ripresa dalla tradizione torinese. L’immagine pubblicitaria era un messaggio di ottimismo in un paese che doveva ancora superare i traumi della guerra.

Dal sito www.brand-identikit.it/it/articoli/ferrero.html
Insomma un contesto storico culturale completamente opposto al lancio del Gran Soleil.
La storia e l’immagine del brand si evolvono. Nel 1954 il prodotto di punta non è più il Giandujot. L’azienda decide dunque un cambio d’immagine, togliendo questo simpatico testimonial e lavorando sull’immagine grafica del logo. Viene modernizzato il font e inserita la corona simbolo della città di Alba.
Più avanti nel 1964 in pieno boom economico, pronta a dominare il mercato mondiale, Ferrero lancia Nutella e decide un’immagine aziendale più imponente, con lettere tutte maiuscole e senza riferimento territoriale alla città d’origine, Alba.

Immagine dal sito http://www.museodelmarchioitaliano.it
Il resto è storia, anzi presente. Nel 2016 l’azienda compie i suoi primi 70 anni, ed è considerata la terza multinazionale mondiale nel mondo del cioccolato presente in 160 Nazioni con 10 miliardi di fatturato annuo.
Perché è stato un flop?
Arriviamo al punto. Cosa non ha funzionato con il Gran Soleil.
Purtroppo non abbiamo dati da analizzare direttamente. Cerchiamo allora di capire tramite un ragionamento a ritroso con gli articoli che troviamo online. In particolare è emblematico questo articolo di Mark Up del 24 Giugno 2009 intitolato “Gran Soleil convince con il gusto e innova la preparazione.” A leggerlo oggi nel 2018 è curioso come il prodotto venga presentato come:
una storia di successo apparentemente priva di punti deboli: componente innovativa, funzione e occasione di consumo, distribuzione, pricing e comunicazione ai massimi livelli.
Il prodotto era caro
O per lo meno, abbastanza caro per un sorbetto. Il price elevato veniva mascherato con la riduzione di dose nel packaging aiutando il consumatore a digerire meglio l’acquisto. Infatti, se facciamo un calcolo:
Le pubblicità in grande stile erano ambigue
Le scelte pubblicitarie attuate possono essere definite quasi aggressive in termini di presenza. Nel formato televisivo poi, il jingle martellante, probabilmente non ha aiutato la diffusione del prodotto, anzi. Lasciava nella mente delle persone un odioso motivetto da canticchiare, che difficilmente si trasformava in acquisto.
A questo inoltre si è aggiunta una presenza massiccia di promotori nei supermercati e una forte comunicazione in store.
Questo genere di azioni è stato percepito agli occhi dei consumatori come un’ imposizione dettata dall’ostinazione del marchio. Agli occhi dei clienti probabilmente è saltata l’idea che:
I tentativi di ri-posizionamento hanno poi completano l’opera, avvicinandola al fallimento. Vedi la questione sulla digeribilità, la presenza o meno del latte, i nuovi gusti, il cestino convenienza, il cucchiaio in omaggio, i testimonial.
Chi era il target di riferimento?

Fonte dell’immagine: www.brand-identikit.it/it/articoli/ferrero.html
Lo snack, per la presenza di alcol escludeva i giovanissimi, principale target degli snack e dei prodotti dolciari Kinder.
Cosa non devi fare assolutamente con il tuo prodotto?
La comunicazione è identità. Il marketing tradizionale e il web marketing non possono fare miracoli. Come dice Mariano Diotto uno dei guru italiani del Brand positioning nella sua intervista per il WMT18:
Prima la comunicazione poi il prodotto
Sino a qui tutto bene. L’utente può rimanere affascinato dall’immagine del prodotto, fino al punto di comprarlo. Ma il momento cruciale in realtà e quando il cliente si trova da solo con il prodotto, in questo caso quando lo mangia.
È imprescindibile che il prodotto gli debba piacere. Deve emozionarsi quando ne fruisce. Si deve trovare bene perché con questo sta mettendo in piedi una relazione intima. Il cliente si deve trovare a suo agio con il brand, come quando è con un parente o un amico. Ed è proprio questa relazione di vicinanza tra prodotto e consumatore che spinge i clienti ad acquistare e consigliare il prodotto ad amici e parenti, diventandone quasi promoter.
È nell’instaurare questo tipo di relazione che il brand deve essere impeccabile. Con l’avvento di Internet i tool per fare analisi dei mercati e dei possibili competitor o best case sono davvero tantissimi. Possiamo creare un prodotto sulla base di gusti precisi confermati dai consumatori.
Grazie alla SEO possiamo capire possibili mancanze sull’offerta dei prodotti online e colmare il gap creando un preciso business.
Lavorare dunque sin dall’inizio sulla comunicazione, vuol dire in realtà lavorare sulla sostanza, sull’identità, sulla natura del prodotto ancor prima che esso sia messo in commercio.
Il cliente può essere incuriosito o invogliato ad acquistare ma se rimane deluso dal prodotto sarà un top flop nel 99% dei casi.
Ora, tu giovane imprenditore prima di lanciare un brand. Pensa, analizza, prendi nota.
Guardati attorno, sul livello locale, regionale, nazionale, mondiale. Può sembrarti tempo perso, le priorità sono altre, ma aspetti come analisi SWOT, identificazione dei competitor, analisi del loro posizionamento sono azioni che posso farti risparmiare un sacco di tempo, ma non solo.
Possono aiutarti a creare un prodotto vincente. Perché dopotutto i brand più forti non sono nati proprio per caso.