
Neuro-marketing e scienze cognitive applicate al web.
Se c’è una branca del arketing che avrà sempre più rilevanza nei prossimi anni, questa è il Neuro-Marketing, per il semplice fatto che alle aziende non basta più tentare di lanciare un prodotto o un servizio basandosi su esperienze pregresse o istinti creativi, ma vogliono dei dati reali, analitici su cui puntare e in questo senso il neuro-marketing può fare la differenza.
Ma non voglio svelare altro perché oggi parliamo con chi Neuro-marketing lo fa tutti i giorni da molti anni, sto parlando di Andrea Saletti – una vera e propria istituzione nel settore.
D: Ciao Andrea, come sai benissimo il Neuro-marketing è un ambito molto interessante. Vorrei parlarne con te come fossi un imprenditore che lavora con il web attraverso il suo sito/e-commerce e vuole incrementare le vendite.
Permettimi la domanda secca: In che modo il Neuro-marketing può aiutarlo?
R: Ciao Stefano, partiamo dal presupposto che il Neuro-marketing è lo studio scientifico di come il nostro cervello risponde agli stimoli di marketing, quindi sostanzialmente il valore aggiunto è su più fronti dal punto di vista dell’applicazione di questa disciplina sul web.
La prima cosa che è importante capire è questa: se dovessimo capire cosa funziona e cosa non funziona in un sito web potermmo utilizzare già alcuni strumenti come quelli di analisi che ci fornisce Google. Con Analytics ad esempio si può vedere come gli utenti arrivano al sito, cosa fanno una volta che sono dentro, che tipologia di utenti sono, etc.
Attraverso i dati di Analytics possiamo comprendere per ipotesi cosa non va nel sito e come migliorare le performance in termini di vendita ad esempio. Ma lo facciamo per ipotesi, e quindi è un tipo di percorso che ha dei limiti che sono legati all’interpretazione personale di questi dati.
Se a questo aggiungiamo degli strumenti di analisi come Hot Jar, che attraverso le heat-map – mappe visive – riescono a farci comprendere meglio il percorso visivo che compiono gli occhi dei nostri utenti sul sito, possiamo finalmente a formulare ipotesi un po’ più precise.
D: Quindi parliamo proprio della visualizzazione del movimento del mouse – e dunque degli occhi – all’interno delle pagine del sito. Le zone dove l’utente si sofferma maggiormente.
R: Esatto. Immagina di vedere dei veri e propri video con le sessioni che visualizzano il comportamento degli utenti sul sito. Quello che manca, per arrivare a circoscrivere in maniera precisa il comportamento degli utenti, è comprendere il perché di tali movimenti.
Le persone fanno determinate cose davanti a determinati stimoli e prendono determinate decisioni in base a come gli viene posta una scelta.
Ecco, se conosciamo il perché di queste scelte (parte dell’analisi è coperta dalle conoscenze di neuromarketing) conosciamo la soluzione ai problemi che può avere un e-commerce. Capire come migliorare e quali azioni compiere per ottenere dei risultati concreti diventa molto più semplice e veloce, rispetto alla semplice ipotesi legata all’intuizione.
Ovviamente questo ragionamento è applicabile esclusivamente ad un sito già pubblicato e che ha un problema che deve risolvere.
D: Si può fare un analisi di Neuro-marketing prima che un sito venga pubblicato?
R: Si, devi lanciare un sito e non utilizzi il Neuro-marketing, avrai molto probabilmente sorprese. Con grande probabilità scoprirai ciò che non funziona solamente quando il sito è online. Con un’analisi di Neuro-marketing invece hai la possibilità di scoprire a priori se la strategia ha buone possibilità di funzionare oppure no.
D: Incredibile.
R: Si, fino a qualche tempo fa poteva apparire così, adesso è già molto usato dalle aziende e i costi di un’analisi di Neuro-marketing si sono molto abbassati rispetto a prima.
D: Come si fa un’analisi di Neuro-marketing?
R: Ci sono due strade: ci si può basare su conoscenze di psicologia ed esperienza pregressa conducendo ipotesi su elementi conosciuti, oppure si fanno delle analisi con delle sessioni basate su strumenti di high-tracking (un software che permette di registrare il movimento degli occhi degli utenti che accedono al sito per vedere dove si sofferma lo sguardo e i movimenti che fa.) e l’elettroencefalogramma portatile (un caschetto portatile).
Unendo questi due elementi sui tester, cioè delle persone che fisicamente indossano il casco e navigano nel sito web, riusciamo a capire quali stimoli emotivi hanno guardando il quel punto preciso dello schermo.
A quel punto, sulla base della risposta del cervello puoi capire se quella “cosa” gli provoca piacere, se è felice, se si preoccupa, se lo stressa, etc.
Agendo in questo modo riusciamo a formulare molto meglio le intuizioni.
D: Mi vengono subito in mente alcune domande: questo test si basa su delle persone reali quindi devi avere un gruppo che fa il test?
R: Si tratta di risposte emotive e non psicologiche e quindi non abbiamo bisogno di un target specifico, perché tutti rispondiamo agli stimoli allo stesso modo. Quindi basta un numero limitato di tester, si è visto che si può partire da gruppi di 14 persone ed eventualmente salire come numero in base al budget.
D: Se un’azienda vuole fare quest’analisi di Neuro-marketing deve comunque avere un mockup del prodotto o del sito per fare il test?
R: Esatto.
D: E se io invece venissi da te e ti dicessi: in base alle tue esperienze, come lo devo fare un blog?
R: Qui entriamo in un discorso che è più legato alla mia esperienza personale che non ad una scienza applicata. Si possono ottenere delle informazioni basate sulle best-practices e queste possono certamente aiutare nell’impostare un sito capace di scansare i principali errori che potresti commettere.
Nel 2016 ho scritto un libro (Neuro-marketing e scienze cognitive per vendere di più sul web, Ndr) che spiegava proprio questo: ho realizzato una sorta di modello che ho chiamato “emotional journey” cioè un sistema metodico di applicazione delle varie regole che sono state verificate ed acquisite nei vari test fatti negli anni da chi si occupa di Neuro-marketing e psicologia digitale e comportamentale.
Questo modello va a definire una check list che si può applicare per verificare che le impostazioni del proprio contenuto siano più vicine possibili a quello che funziona.
D: Cosa intendi per contenuto?
R: Per contenuto intendo tutto quello che è nel contesto visivo: testo, video, immagini, lettering, colori, etc. Ma anche banner. L’errore che si può fare è pensare che ci siano delle regole di composizione standard, in realtà non è così. Sono gli stimoli a cui rispondiamo ad essere standard.
Una volta acquisito questo, sta nella fantasia di chi fa il lavoro applicarlo alla grafica, all’impostazione visiva, ai contenuti.