
Che cosa orienta i processi decisionali? Una breve descrizione delle dinamiche cognitive che conducono alla scelta
C’è stato un tempo in cui, al supermercato, di fronte allo scaffale delle birre, non ti soffermavi più di tanto a pensare a quale prodotto scegliere: eri affezionato ad un particolare brand ed andavi a colpo sicuro.
Le tue parole d’ordine erano: abitudine, sicurezza, minimo sforzo decisionale.
Del resto, le opzioni tra le quali scegliere non erano assolutamente numerose come adesso.
Oggi, lo scaffale delle birre si è decuplicato di dimensioni: innumerevoli marche, birre in lattina, birre in bottiglia, chiare, scure, con più o meno luppoli, packaging coloratissimi e originali hanno messo in crisi il tuo usuale comportamento d’acquisto.
Non compri più la solita vecchia birra, ma ti lasci sedurre dalla tentazione del nuovo, dell’ignoto, dell’involucro sfavillante o di una marca che ti ricordi di aver visto in qualche pubblicità.
Cos’è successo?
Per farla breve, diciamo che alcuni importanti studiosi sono giunti a conclusioni rivoluzionarie e innovative su cosa accade nella mente umana in situazioni di decision making.
E che queste conclusioni, scientificamente dimostrate, sono state traslate ad un campo d’indagine relativamente recente: il marketing.
È nata così una nuova disciplina di ricerca, detta neuromarketing, che applica agli obiettivi di vendita i meccanismi cognitivi umani sui quali le neuroscienze hanno gettato luce negli ultimi decenni.
Uno di questi studiosi si chiama Daniel Kahneman.

Immagine tratta da: http://www.businessinsider.com/daniel-kahneman-why-you-cant-always-predict-job-performance-2016-4?IR=T
Chi è Daniel Kahneman?
Daniel Kahneman è uno psicologo israeliano, insignito nel 2002 del Premio Nobel per l’Economia in virtù dei propri studi sulla cosiddetta psicologia delle decisioni.
Insieme all’amico e collega Amos Tvarsky, Kahneman ha svolto ricerche e pubblicato numerosi articoli scientifici a partire dagli anni ’70.
Il loro intento era spiegare quali sono e come agiscono i processi cognitivi che si attivano nella mente umana quando ci troviamo di fronte ad una decisione da prendere.
In seconda battuta, dimostrare che essi si rivelano assolutamente validi anche quando applicati ad ambiti come l’economia o il marketing.
In parole povere: i nostri comportamenti di scelta, compresi i comportamenti di acquisto, sono profondamente influenzati da meccanismi psicologici che entrano in funzione in maniera automatica e inconscia.

Immagine tratta da: https://www.amazon.it/Thinking-Fast-Slow-Daniel-Kahneman/dp/0374533555
Per spiegare in modo semplice e divulgativo cosa accade nel cervello umano nel momento in cui deve effettuare una scelta, Kahneman nel 2012 ha scritto un libro: “Thinking fast and slow”, tradotto con “Pensieri lenti e veloci”.
Nel testo, ricorre ad un’immagine efficace: la nostra mente corre su un doppio binario, un doppio sistema di pensiero, costituito dal Sistema 1 e dal Sistema 2, anche detti Pensiero Veloce e Pensiero Lento.
Cosa sono il Pensiero Veloce e il Pensiero Lento?
Il Pensiero Veloce (Sistema 1 o S1) è il principale responsabile delle nostre decisioni: si attiva automaticamente, in modo inconscio e involontario, impiega pochissima energia per agire (Kahneman infatti lo definisce ecologico), è impulsivo e procede per associazioni, saltando sempre a conclusioni definitive in modo rapido. È un circuito primordiale.
Tuttavia, quel che è più importante è che si lascia influenzare da dinamiche cognitive ambivalenti e un po’ pericolose: le cosiddette euristiche o scorciatoie cognitive. Ci arriviamo tra un attimo.
Il Pensiero Lento (Sistema 2 o S2) interviene solo in seguito all’S1, richiede energie e concentrazione, in quanto è il responsabile di attività mentali impegnative come i ragionamenti o i calcoli complessi.
È pigro e faticoso ad attivarsi, perché richiede uno sforzo cognitivo consapevole, volontario e costante da parte del cervello.
Proprio per questo, però, è immaginabile come il controllore del Pensiero Veloce, come colui che passa al vaglio della riflessione cauta ciò che il Pensiero Veloce ha già liquidato.
S1 e S2 operano in situazioni distinte: è grazie al primo che in pochi millisecondi siamo in grado di dare un nome ad un’espressione facciale (paura, gioia, sofferenza) o di generare un riflesso automatico; è grazie al secondo che, pensandoci un po’, sappiamo calcolare 12×9 o definire il concetto di “similitudine”.
S1 invia continuamente stimoli a S2 (sensazioni, impressioni, intuizioni): se S2 conferma gli stimoli ricevuti, essi si trasformano in azioni.
I due Sistemi, per garantirci di prendere una buona decisione, devono quindi agire in modo coerente l’uno con l’altro.
I corto circuiti si presentano quando ci fidiamo d’istinto di una risposta data dal nostro Sistema 1, senza passare la palla al Sistema 2 per una verifica accurata.
L’esempio più classico sono le illusioni ottiche. L’intuizione ci porta sistematicamente all’errore. Occorre appellarsi al Pensiero Lento per decidere di non fidarsi di quello che i nostri occhi vedono a primo impatto. Concentrazione e razionalità possono fare la differenza.
Quando prendiamo una decisione, quale Sistema prevale?
Kahneman ci ha svelato una verità preziosa: le nostre scelte quotidiane sono quasi sempre il risultato automatico del Sistema 1.
Poiché non si può disattivare a piacimento, gli errori del Pensiero Veloce sono difficili da evitare.
Il Sistema 2 resta troppo spesso passivo, tentando al massimo di giustificare ex post con argomentazioni razionali la scelta compiuta impulsivamente dal Sistema 1.
Nessuno di noi sa ragionare naturalmente in termini economici e statistici, cioè in modo pienamente razionale ed eseguendo un corretto calcolo delle probabilità.
Come dicevamo poco fa, quando dobbiamo compiere una scelta, nel nostro cervello si attivano automaticamente euristiche e scorciatoie cognitive che ci conducono ad errori di valutazione e a decisioni sbagliate (o quantomeno non ottimali per noi, in termini di utilità attesa).
Niente di preoccupante: tutti ne siamo succubi ignari.
È utile allora imparare a riconoscerle, e il neuromarketing ci offre un aiuto indispensabile in merito.
Gli imprenditori possono attingere ad un bacino di studi ed esperimenti senza precedenti, per adattare ai propri scopi di vendita gli esiti di tali scoperte.
Ad esempio, il marketing emozionale studia le reazioni dei consumatori di fronte a particolari packaging o advertising che stimolano i cinque sensi (che sono un indiscutibile terreno di gioco di S1).
Le due euristiche più frequenti ed insidiose sono l’euristica della disponibilità e quella dell’ancoraggio:
- l’euristica della disponibilità incide sui nostri comportamenti di scelta perché influenza la decisione sulla base di ciò che la mente trova disponibile nella memoria.
In pratica, prendiamo decisioni basandoci su ciò che ricordiamo essere già successo in passato.
Ma che un avvenimento si sia verificato in passato non è certo garanzia che si ripresenti in futuro.
Soprattutto, tendiamo a ricordare meglio eventi che per noi hanno avuto una forte connotazione emotiva.
I nostri ricordi non sono neutrali.
Ecco che l’euristica della disponibilità inficia la nostra oggettività, provocando distorsioni valutative dell’azione da intraprendere.
- l’euristica dell’ancoraggio è altrettanto scaltra: ci convince che le scarse, approssimative informazioni che riusciamo a trovare a portata di mano o in breve tempo siano sufficienti ad indirizzarci in modo oggettivo verso la decisione giusta.
Una sorta di mappa semplificata che ci orienta, ancora una volta distorcendo la nostra capacità di giungere ad un risultato ottimale, sulla base dei primi elementi in cui ci imbattiamo per caso.
Ad esempio, per decidere per quale partito votare alle elezioni, molti di noi vengono verosimilmente influenzati dall’euristica dell’ancoraggio.
Non avendo materialmente tempo di leggere tutti i programmi elettorali dei vari partiti politici, per formulare una decisione personale su chi votare ci basiamo probabilmente su opinioni e impressioni di amici e colleghi o su quanto sentito dire al telegiornale.
Ecco che il nostro comportamento di voto non si rivela essere davvero razionale e basato su fattori oggettivi, ma fa appello ad elementi soggettivi di familiarità e fiducia.
Se lasciassimo modo al Sistema 2 di intervenire (leggendo i programmi dei partiti, leggendo i giornali, approfondendo le tematiche per noi più rilevanti), giungeremmo forse ad un output diverso.
Perché è importante conoscere questo doppio sistema cognitivo?
Kahneman dimostra con i suoi studi che la teoria micro-economica classica, che assume ogni attore come pienamente razionale e volto a massimizzare la propria utilità, presenta un punto debole di partenza: i consumatori non sono attori razionali, ma prendono decisioni in modo intuitivo ed emotivo.
Il brand engagement può fare leva proprio su questo. Puntare sulle emozioni, sulla sensorialità, sull’efficacia della prima impressione.
L’esempio del voto può essere ricalcato su tanti altri comportamenti: il nocciolo della questione è che entrambi i Sistemi offrono ragioni positive per essere seguiti, ma il Sistema 1 si attiva indipendentemente dalla nostra volontà ed è spesso ingannevole: proprio questo aspetto lo rende allo stesso modo pericoloso e affascinante.
Il doppio livello di ragionamento umano ha ricadute importanti sulle nostre vite, essendo tutti noi individui pensanti, ma soprattutto animali sociali, ovvero, declinando l’espressione aristotelica in chiave moderna, cittadini e consumatori.
Le nostre decisioni influiscono sui nostri comportamenti, i quali a loro volta influiscono sul nostro vivere con gli altri.
Le ricadute si presentano in ogni ambito della nostra quotidianità: dal comprare un’auto nuova, al voto, alla scelta del partner.
Perciò è importante conoscere i processi cognitivi che stanno alla base del nostro agire.
Un altro elemento da non sottovalutare, specialmente per chi ha in mente di vendere un prodotto, è che proprio il modo nel quale via via ci vengono presentate le opzioni di scelta (pensiamo alle birre sullo scaffale del supermercato) determina maggiormente le nostre preferenze di acquisto.
Questo implica che, il più delle volte, tendiamo a non avere una scala di priorità oggettive preesistente al momento della scelta, ma che ci lasciamo fortemente influenzare dalle circostanze.
Per dovere di puntualizzazione, non stiamo sostenendo che le nostre scelte sono sempre irrazionali o sbagliate a priori: come dicevamo prima, uno stimolo improvviso inviato da S1, se corroborato da S2, dà vita ad un’azione coerente e sensata (come un rumore improvviso che genera paura e una conseguente fuga).
Tuttavia, abbiamo imparato che le nostre decisioni, sono sempre influenzate da asimmetrie cognitive.
Adesso, di fronte a quello scaffale di birre, puoi scegliere se gettarti d’istinto sul packaging più luccicante, o contare fino a dieci.